OSELLA PUÒ GIÀ FESTEGGIARE UN NUOVO SUCCESSO TRICOLORE.

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Se per conoscere il Campione Italiano Prototipi 2014 Piloti è necessario attendere la pronuncia del Tribunale Nazionale d’Appello, il Costruttore torinese ex F.1 conquista il suo 16esimo titolo tra le Sportscar tricolori.

Jacopo Faccioni e Davide Uboldi devono ancora aspettare.

Sarà indispensabile la pronuncia del TNA (prevista nel mese di dicembre) per conoscere chi, tra il campione in carica della Scuderia NT ed il rivale vicecampione della Uboldi Corse Pata, avrà vinto il Campionato Italiano Prototipi 2014.

Ma questa stagione tra le Sportscar tricolori un vincitore lo ha già.

È Enzo Osella.

Il costruttore torinese ha ancora una volta fornito le sport prototipo di vertice, quelle che hanno permesso ai loro piloti di aggiudicarsi quest’anno 10 delle 14 gare disputate.

Le decisioni del giudice sportivo sono perciò ininfluenti per il 16esimo titolo conquistato da Osella nel Campionato Italiano Prototipi.

Ed un’ennesima riga si riempie in un palmares già ricchissimo.

“Naturalmente c’è grande soddisfazione per la vittoria – ha commentato Enzo Osella – ma non posso essere felice di questa stagione. Da un lato pochi partecipanti, dall’altro molto nervosismo tra i due massimi protagonisti. Spesso abbiamo dovuto calmare le acque. Abbiamo bisogno che quest’anno sia da esempio perché ora si può solo crescere”.

Dieci delle quattordici gare sono state vinte da una Osella PA21 CN2. Le restanti quattro da una Lucchini Alfa Romeo CN4 che dimostra come le 3.000 siano ancora competitive.

“Indubbiamente, se vai a Monza o comunque nel veloce come Imola o Mugello il tre litri si difende. Ma io non penserei mai di fare il 3.000. Anche in campo internazionale la classe regina è la CN2 e se vogliamo che altri arrivino nel nostro campionato è necessario che il due litri sia competitivo salvaguardando il contenimento dei costi”.

“Il Campionato Italiano deve riprendere i numeri che abbiamo sempre vissuto – continua – quelli di almeno 20 macchine. Quanto accaduto quest’anno credo non sia mai successo ed è un peccato perché la vettura piace ed è prestazionale. Ora è necessario attirare i giovani, fargli comprendere come si tratti di un’autentica vettura da competizione, impegnativa e dai costi abbordabili. Le Sport Prototipo sono al top anche per la sicurezza. Tutti aspetti positivi che vanno valorizzati anche in campo internazionale. Anche la F.I.A. dovrebbe promuovere un regolamento unico, quando invece oggi ognuno si ritaglia le proprie specificità. In questo senso l’iniziativa della federazione italiana, che vuole avvicinarsi ad esempio al VdeV, è corretta. Le uniche personalizzazioni che possono essere considerate sono solo quelle ispirate al contenimento dei costi, come la limitazione ai giri motore o l’aumento del peso o l’uso di gomme di dimensioni inferiori”.

Quelli appena citati sono proprio alcuni dei tratti salienti del nuovo regolamento tecnico ora allo studio. Come valuta invece l’ipotesi del nuovo format in doppia gara da 48 minuti + 1 giro e le due gare di durata da 2 ore?

“La strada intrapresa è quella giusta – risponde Osella – La Sport Prototipo non è una macchina per gare da 20 minuti, la sua natura è proprio nelle gare di durata. Ai miei tempi si correvano le 500 km o le 1000 km, erano anni in cui la sfida tecnica era estrema anche per questo. E peraltro è qui che abbiamo costruito la nostra storia.”.

Una storia impreziosita da un palmares ricco almeno quanto quello umano. Anche Jean Pierre Jarier, pilota Osella in Formula 1 nel 1981 e 1982, lo ha ricordato in una recente intervista parlando di un ‘bel posto, ragazzi stupendi, clima umano ideale e ricordi bellissimi’.

“Certo, Jarier era di casa, ho bei ricordi anch’io. Aveva trovato una famiglia. Ma abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto con tutti i ns. piloti. Poi anche Jarier lo ha ricordato, è stata una Formula Uno durissima per noi. La scomparsa di Riccardo Paletti innanzitutto. Sono stati anni difficili anche per le minime possibilità economiche. Si viveva alla giornata e non avevamo le risorse per poter fare quello che ancora oggi sappiamo fare”.